IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento di sorveglianza relativo a Di Tullio Nazario, nato a Sannicandro Garganico il 30 agosto 1953, ristretto presso la Casa mandamentale di Rodi Garganico in regime di semiliberta', avente ad oggetto proposta revoca di semiliberta'. O S S E R V A Con nota del 9 giugno 1992 i carabinieri di San Severo chiedevano al competente magistrato di Foggia la revoca della semiliberta', in ossequio alle disposizioni di cui al d.l. 8 giugno 1992 nei confronti di Di Tullio Nazario, ammesso alla predetta misura alternativa con ordinanza del tribunale di serveglianza di Bari del 29 marzo 1992, trattandosi di condannato per il reato di cui all'art. 630 del c.p. e non risultando lo stesso collaboratore della giustizia. Con provvedimento del 9 giugno 1992 l'adito magistrato disponeva la sospensione della misura alternativa, trasmettendo gli atti a questo tribunale per i provvedimenti di competenza. Il procedimento relativo alla proposta di revoca e' stato trattato nella odierna camera di consiglio, dopo l'acquisizione della sentenza di condanna del Di Tullio e la riammissione di quest'ultimo al regime di semiliberta' per avvenuta decorrenza di trenta giorni dal provvedimento di sospensione senza intervento della decisione definitiva del tribunale di sorveglianza. Il p.g. ed il difensore hanno sollevato eccezione di incostituzionalita' delle norme che consentirebbero nel caso di spe- cie la revoca della semiliberta'. Poiche' sussistono i presupposti oggettivi per la revoca della misura alternativa della semiliberta' nei confronti del Di Tullio condannato per sequestro di persona a scopo di estorsione, in quanto non puo' ritenersi sussistente nei confronti del medesimo la condizione per l'applicazione dell'art. 58-ter della legge n. 354/1975 non risultando sufficientemente provata la prevista significativa collaborazione con la giustizia ne prima ne' dopo la sentenza di condanna, occorre esaminare, cosi' come e' richiesto dalla difesa, se sussistono questioni di costituzionalita' rilevanti e non manifestamente infondate circa la applicazione della norma che ha prescritto detta revoca, ossia dell'art. 15 del d.l. 8 giugno 1992, ormai convertito in legge. In proposito, a parte le considerazioni che pur sarebbe possibile prospettare circa il contrasto, con il precetto costituzionale di cui all'art. 27/3 della Costituzione, della nuova normativa che, introducendo il requisito della collaborazione, ossia di un requisito avente natura squisitamente processuale perche' attinente al momento dell'accertamento dei reati e delle loro conseguenze, impedisce concretamente il diritto del condannato al riesame della pretesa punitiva durante l'esecuzione della pena onde assodare se la quantita' della pena espiata abbia gia' assolto positivamente al suo fine rieducativo (cfr. Corte costituzionale n. 204/1974), questo tribunale ritiene che la normativa in questione violi il principio della irretroattivita' della legge penale, previsto dal secondo comma dell'art. 25 della Costituzione. Sul punto giova ricordare che la menzionata sentenza n. 204/1974 la Corte costituzionale ha riconosciuto l'esistenza del diritto del condannato e che sia riesaminato lo sviluppo del percorso rieducativo ed e' proprio con riferimento alle condizioni poste dalla norma, che - nella specie - consenti', con provvedimento ormai definitivo, l'ammissione al regime di semiliberta', che deve valutarsi la costituzione della denunciata normativa. L'art. 15, secondo comma, del d.l. n. 306/1992 fa discendere, infatti per il condannato conseguenze sfavorevoli con riferimento a comportamenti ritenuti non essenziali al momento della concessione della misura alternativa, e finisce quindi con il ledere il principio costituzionale della irretroattivita' della legge penale meno favorevole al reo, enunciato, con riferimento non solo alla previsione legale della fattispecie di reato, ma anche alla previsione legale della pena in essa comprese le disposizioni di natura sostanziale relative alle misure alternative alla detenzione che, inquanto incidono sulla quantita' e qualita' della pena inflitta, rivestono indubbiamente natura penale. Giova qui ricordare, a conferma della non manifesta infondatezza della questione in esame, che il Parlamento della Repubblica, in sede di conversione del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, ritenne di escludere l'effetto retroattivo di alcune norme che avevano introdotto un re- gime piu' sfavorevole per coloro che si erano resi responsabili di taluni reati (cfr. art. 4 della legge 12 luglio 1991, n. 203). Questo tribunale deve infine riconoscere che dubbi di costituzionalita' della norma in esame sussistono anche in relazione all'art. 3 della Costituzione, atteso che in applicazione di quella norma verrebbero sottoposti allo stesso trattamento della revoca della misura alternativa situazioni palesemente diverse, ossia sia quelle riferibili a soggetti che si siano rilevati particolarmente meritevoli, con la loro condotta, della misura applicata, sia quelli che abbiano serbato una condotta diversa ed abbiano commesso fatti risultati incompatibili con la prosecuzione della misura alternativa. In definitiva, ritenendosi non manifestamente infondate le questioni di costituzionalita' di cui si e' fatto cenno, deve disporsi la sospensione del procedimento e l'invio degli atti alla Corte costituzionale.